È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora nonostante tutto (…) Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto (…), partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgera’ nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà (…)
Anna Frank
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Federica Maneli – Da “storie mai scritte”
… Ero una brava ragazza, di quelle che in giro non ne trovi.
Mettevo l’anima in tutto ciò che facevo, soprattutto nell’amare le persone.
Perdonavo sempre e chiedevo scusa sebbene avessi ragione.
Mi legavo subito alla gente, e quando lo facevo era per sempre.
Seria, buona, con un cuore immenso.
Poi arrivano le pugnalate.
La prima e ti rialzi.
La seconda e ti rialzi.
La terza e ti rialzi.
La quarta, e inizi ad essere stanca.
La quinta e inizi a non farcela più.
Cambi.
Ti chiudi a riccio per difenderti da un mondo che sa farti solo male. Pungi chiunque si avvicini per proteggere l’ultimo pezzo di cuore rimastoti.
E vuoi stare sola, senza nulla intorno,tu il mare e il tuo dolore, a chiederti cosa hai sbagliato.
Cosa peggiore, smetti di amare e di essere quella che sei.
Smetti di essere.
Inevitabilmente,cambi.
Monologo a me stessa – Mirella Narducci
Ho imparato ad essere bella
anche ora che il tempo vola.
Ingaggio battaglie con i nemici
che mi porto dentro, ossessivi
mi vogliono succube, mi coprono
di mutilazioni mentali eppure sapevo parlare d’amore…
Tutte le mie poesie hanno portato
sugli altari la passione, l’ardore
ho toccato con delicatezza i cuori
degli uomini e loro mi hanno imbastito
vestiti di solitudini.
Ho sentito rabbia e paura, ho piegato
il dolore, l’ho nascosto in un cassetto,
per timore, per difesa.
Mi sono specchiata e mi sono sentita ancora
bella, questa è la forza per non arrendermi:
il mio sorriso.
Il rimpianto – Arthur Golden
Il rimpianto è un tipo di dolore molto particolare, di fronte ad esso siamo impotenti. E’ come una finestra che si apre di sua iniziativa: la stanza diventa gelida e noi non possiamo fare altro che rabbrividire. Ma ogni volta si apre sempre meno, finché non arriva il giorno in cui ci chiediamo che fine abbia fatto.
da Lettera a mio figlio sulla felicità – Sergio Bambarèn
“Allora compresi una cosa molto importante: il dolore fa parte della vita. La disperazione fa parte della vita. A volte anche toccare il fondo fa parte della vita. Ma non è assolutamente la fine. E’ solo l’inizio di qualcosa di più grande, qualcosa in grado di arricchire il tuo spirito molto di più di ogni altra esperienza vissuta fino a quel momento. Così come la nostra età non è altro che uno scherzo del tempo, allo stesso modo il dolore non è altro che un aspetto della vita. Non mi stancherò mai di ribadirlo: la felicità e la pace spirituale si possono raggiungere, sempre, non importa quanto ci si senta profondamente perduti, perchè il tempo guarisce ogni cosa. Certo, occorre essere pazienti. Niente accade in un battito di ciglia , o dalla sera alla mattina: anzi succede proprio quando meno te lo aspetti, e porta con sè un effetto straordinario: smetti di combattere contro il tuo destino: accetta l’esistenza per ciò che è, e invece di continuare a lottare per raggiungere i tuoi obiettivi, cedi semplicemente il timone alla vita, perchè sia lei a guidarti verso la meta. Comincia a vivere un giorno alla volta. La sconfitta completa è l’accettazione della propria realtà: ecco il punto di partenza per costruirsi un’esistenza ricca dal punto di vista spirituale. Un’esistenza che ti permetterà di godere tutte le cose belle che hai, e di cominciare a recuperare quelle che sono recuperabili. Quando imparerai ad accettarti per come sei, allora e solo allora ti sentirai rinato. Affronta le normali difficoltà come normali scalini del sentiero verso la pace. Accetta questo mondo, a volte doloroso, per come è, e non per come lo vorresti, fiducioso che Dio – o come tu vorrai chiamarlo – si farà carico di tutto se ti arrenderai alla Sua volontà. Così non soltanto sarai felice in questa vita, ma straordinariamente ed eternamente felice nella prossima”
Oriana Fallaci – Da “Lettera a un bambino mai nato”
La mia mamma, vedi, non mi voleva. Ero incominciato per sbaglio, in un attimo di altrui distrazione. E perché non nascessi ogni sera scioglieva nell’acqua una medicina. Poi la beveva, piangendo. La bevve fino alla sera in cui mi mossi, dentro il suo ventre, e le tirai un calcio per dirle di non buttarmi via. Lei stava portando il bicchiere alle labbra. Subito lo allontanò e ne rovesciò il contenuto per terra. Qualche mese dopo mi rotolavo vittoriosa nel sole, e se ciò sia stato bene o male non lo so. Quando sono felice penso sia stato bene, quando sono infelice penso sia stato male. Però anche quando sono infelice, penso che mi dispiacerebbe non essere nata perché nulla è peggiore del nulla. Io, te lo ripeto, non temo il dolore. Esso nasce con noi, cresce con noi, ad esso ci si abitua come al fatto di avere due braccia e due gambe. Io, in fondo, non temo neanche di morire: perché se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente. Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia pure per l’altrui distrazione. Molte donne si chiedono: mettere al mondo un figlio, perché? Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato dalla guerra o da una malattia? E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentare di cancellare le malattie e la guerra. Forse hanno ragione. Ma il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi a niente.
E’ proprio quando – A.Vanligt
E’ proprio quando pensi di morire di dolore, di dover affrontare una situazione che supera di gran lunga le tue capacità, la tua fantasia, le tue possibilità, che scopri una parte di te sconosciuta e importantissima.
E’ lì che viene fuori la grinta, la voglia di farcela, la necessità e la responsabilità di andare oltre. E’ proprio quando senti che stai definitivamente per soffocare, che finisci per imparare a respirare.
Pierre Louys che dirà dell’amore?
Da “Se tu mi vedessi ora” – Cecelia Ahern
Incredibile – Oriana Fallaci
Incredibile come il dolore dell’anima non venga capito. Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell’anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare.