No, non placare il mio pianto, anche se le mie possono sembrare lacrime
di profonda tristezza o di semplice nostalgia.
A volte si ha bisogno di piangere fino a non avere più lacrime da espellere,
e, se il mio pianto fa venire voglia di piangere anche a te,
allora stringimi forte e piangi con me.
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Madre e figlio – Fabio Tombari
La volpe non trovava più suo figlio nel bosco. A notte fonda uscì dalla macchia e lo cercò col fiuto. Infine lo sentì a due miglia di distanza. Il figlio era là, in quella casa. Ma come arrivarci senza farsene accorgere? Se il figlio si fosse messo a piangere sarebbero usciti i cani. La madre quatta quatta aggirò la casa, si portò sottovento, fu sull’aia. Vide il figlio e gli saltò addosso a mordergli la bocca perchè non urlasse. Gli addentò il collare per liberarlo, ma fu impossibile. Allora cominciò a piangere anche lei. Piangeva, per non farsi accorgere, sul nasetto del cucciolo, piano, piano, dolcemente come piangono le madri. Il figlio brontolò che aveva fame. E la madre corse al pollaio, scannò tre o quattro tacchini, gliene portò uno. Mentre il figlio mangiava la madre lo leccava, lo pulì tutto. Poi venne giorno. Bisognava partire.
– Tornerò tutte le notti – bisbigliava la madre leccandogli il musetto. Ma non sapeva come staccarsi dal figlio. Bisognava abbandonarlo, senza che questi piangesse. Allora le venne un’idea, e fece due o tre capriole per far ridere il cucciolo. Il cucciolo rise tutto felice agitando a festa la coda. La volpe spiccò un salto mortale all’indietro, un altro salto, un altro ancora. S’era così allontanata dal cucciolo d’ una ventina di passi, sì che il cucciolo la vedeva appena e già cominciava a guaire. La volpe si allontanò su per il vialone al trotto, finchè il figlio non la vide più.
Ma non era sparita. Quando il sole si alzò, lei era ancora lassù, seduta su un mucchio di sassi, che guardava il cucciolo. Questi, raggomitolato in terra, s’era messo giù a dormire con la gran coda sugli occhi, perchè non gli entrasse dentro il sole.
Paul Verlaine – Piange il mio cuore
Piange il mio cuore
come piove sulla città;
cos’è questo languore
che penetra nel mio cuore?
O dolce rumore della pioggia
sulla terra e sopra i tetti!
Per un cuore che s’annoia,
oh, il canto della pioggia!
Piange senza ragione
questo cuore che s’accora.
Che! Nessun tradimento?
è un lutto senza ragione.
Ed è la peggior pena
non sapere perché
senza odio e senza amore
il mio cuore ha tanta pena!
Riflessione:
Il cuore umano, che è inconoscibile, ha lacrime invisibili ed interiori, ed esse non sono sempre dovute a grandi dolori o ad inattese gioie.
Ci sono giorni che è sufficiente…”il dolce rumore della pioggia”…a dargli sofferenza, e quella inaspettata, sottile, indescrivibile malinconia è spesso più penosa e insopportabile di un vero e proprio dolore!!!
Separazione
Non ti sei voltato!
…nemmeno quando
il mio pianto
copriva ogni altro rumore,
e hai varcato la porta!
Non le ho viste
le tue spalle,
con gli occhi pieni di lacrime.
Di te conservo
il ricordo
di uno sguardo nemico!
Non sai e non saprai…
che il mio cuore, “a brandelli”,
ti ha amato
anche mentre
varcavi la soglia
…per sempre…
Lalla Romano – Il pianto
Enzo Fabiani – L’ultima sillaba
Restami accanto quando il cuore
domanderà confidando
se nell’attimo bianco
della fine del pianto
tu gli sarai fratello,
se il manto sereno del tuo nome l’avvolgerà
nell’ultimo tremore del suo inverno.
Guidami nel profondo,
chè a dir l’ultima sillaba non sia Satana:
e non mi sfilacci la mente,
non mi costringa a rimpiangere
il sole polveroso della vita.